Le origini della comunità ebraica di Firenze sono relativamente recenti nel tempo; occorre, infatti, attendere il Quattrocento perché si possano avere notizie di un insediamento stabile di ebrei in città, anche se numerose sono le tracce di una loro presenza fin dall’epoca romana e per tutto il Medioevo. Fu Cosimo il Vecchio de’ Medici a chiamare gli ebrei a Firenze nel 1437 affinché fondassero dei banchi di pegno. A partire dal Medioevo, lo sviluppo economico, conseguente all’inurbamento e alla stabilizzazione delle entità comunali, impose di avere una ampia disponibilità di capitale per i traffici commerciali. Tuttavia, essendo proibito ai cristiani di percepire qualunque interesse sul prestito di denaro, venne concesso a famiglie ebraiche di risiedere nei vari luoghi purché esercitassero attività feneratizia, tollerata dalla Chiesa.
Così inizia la vita della comunità ebraica fiorentina la cui struttura sociale sarà ampiamente documentata nei capitoli delle condotte che fissano le regole del prestito, diritti e doveri degli ebrei prestatori, delle loro famiglie, dei loro soci e dipendenti. Per oltre un secolo essi poterono usufruire della più ampia libertà nella scelta della loro dimora, quasi sempre nell’edificio dove, al piano terra, svolgevano la loro attività al banco del prestito. Firenze, culla dell’Umanesimo e del Rinascimento, fu anche un centro importante di studi ebraici, che influirono su personalità quali Marsilio Ficino, importante esponente del Neoplatonismo fiorentino, Angelo Poliziano e Giovanni Pico della Mirandola.
La prima sinagoga, andata distrutta quando i quartieri al di là e al di qua del Ponte Vecchio furono fatti saltare dalle mine tedesche, era al piano terreno del palazzo all’angolo tra il Chiasso de’ Giudei e borgo S. Iacopo. Gli ebrei, il cui numero non raggiungeva le cento persone, godettero di una relativa tranquillità e benessere fino a quando fu al potere la famiglia Medici. Tuttavia, con la creazione della Repubblica e soprattutto a causa delle infuocate prediche di Girolamo Savonarola, il frate domenicano di origine ferrarese, il quale si scagliava contro tutte le mollezze della società contemporanea e contro chiunque si allontanasse dall’ortodossia cattolica, essi vissero per lunghi anni sotto il perenne pericolo di espulsioni, sempre revocate dopo cospicui esborsi di denaro.