Gli ebrei presenti in Italia intorno a quegli
anni (forse 30.000 nella capitale e 40/50.000
in tutto il paese su una popolazione globale di
4 o 5 milioni di abitanti) hanno in comune non
tanto una "nazionalità", concetto che doveva
farsi strada nel mondo assai più tardi,
quanto una religione. Osservanti di precetti rigorosi
là dove è diffuso un certo lassismo,
gli ebrei costituiscono un interrogativo e un
problema. Interrogativo per quanto riguarda i
loro usi e costumi, così diversi da quelli
romani, problema per quanto riguarda, ad esempio,
l'osservanza del sabato, "luogo" sacro agli ebrei,
che include tra gli obblighi anche quello di non
effettuare alcun lavoro.Tuttavia gli ebrei s'inseriscono
bene nella società romana, offrendo sostegno
politico a Giulio Cesare, che ricambia questa
simpatia, e quando assume il potere riconosce
alla comunità ebraica il diritto di osservare
liberamente i precetti religiosi e di seguire
le norme alimentari rituali.
Dopo il 70 da cittadini
a profughi
Un cambiamento nella vita della comunità
ebraica italiana si produce nel 70, quando cessa
in Giudea ogni parvenza di sovranità. Gerusalemme
ribelle è rasa al suolo dalle legioni di
Tito e il Tempio è distrutto. I prigionieri
affluiscono a Roma a migliaia. La fine della Giudea
trasforma gli ebrei da cittadini in profughi.
Quando insorgono le prime dispute tra gli ebrei-cristiani
(i primi adepti della nuova religione sono raccolti
più tra gli ebrei che tra i pagani) e gli
ebrei-ebrei, i disturbi provocati all'ordine pubblico
provocano l'espulsione da Roma dei primi e dei
secondi, senza distinzione.
Con Diocleziano la "carta dei privilegi" di Cesare
viene un po' alla volta mutilata. Infine, se Roma
politeista e pagana poteva tollerare tutte le
credenze, dopo Costantino Roma monoteista e cristiana
non può accettare alcuna concorrenza, perché
la nuova religione rappresenta al meglio l'elemento
politico unificante di un impero incrinato.
Incomincia così il lungo calvario ebraico
nei secoli.
Bene gli Ostrogoti,
meglio Arabi e Normanni
Ma dove si trovano gli ebrei in Italia nel 313?
Una parte ancora a Roma, ma forti colonie sono
presenti un po' ovunque e specialmente nel Meridione,
a Pompei, a Capua, a Fondi, nelle Puglie, in Calabria
e in Sicilia. Le prime discriminazioni statuali
contro gli ebrei sono adottate dall'imperatore
Costantino che vieta le conversioni all'ebraismo
e proibisce agli ebrei di avere schiavi cristiani.
Sono vietati i matrimoni misti e agli ebrei s'impongono
corvées. La propaganda antiebraica
porta immancabili frutti. Viene data alla fiamme
una sinagoga a Tortona, in Piemonte, poi, nel
368, una a Roma e un'altra ad Aquileia.Nel 476,
quando cade l'Impero Romano d'Occidente, gli ebrei
si trovano sparsi in tutta Italia, a Bologna,
Ferrara, Trieste, Torino, e in molti centri minori.
Le invasioni barbariche - Visigoti, Vandali, Unni
- costituiscono per ebrei e non ebrei, motivo
di sofferenze. A riportare un minimo d'ordine
nel paese sono gli Ostrogoti, il cui grande re
Teodorico riesce, a cavallo tra il 400 e il 500,
a stabilire un certo equilibrio tra la sua gente
vittoriosa e quella italica dominata. Ed anche
per gli ebrei sono decenni di relativa tranquillità,
perché Teodorico ridimensiona il potere
dei vescovi. Alla sua
morte l'Italia diventa di nuovo campo di battaglia.Nel
600 gli ebrei lasciano il regno Franco-Longobardo
del nord, dove le rigide strutture unitarie non
favoriscono l'inserimento di elementi diversi,
per i più frantumati centri di potere del
sud, dove il pullulare di principati, ducati,
città libere, rende più sicure le
comunità ebraiche che vi si formano.
Il Mezzogiorno d'Italia è
affacciato sul Mediterraneo, i suoi contatti con
i paesi rivieraschi sono più fitti, gli
scambi mercantili sono anche scambi culturali.
Per quattro secoli vi si sviluppa una florida
colonia ebraica. Il dominio arabo in Sicilia è,
per l'epoca, assai liberale e l'unica misura restrittiva
disposta nei confronti degli ebrei è un
segno giallo sulle vesti. Quello normanno consentirà
agli ebrei di condurre una vita relativamente
normale e di espandersi socialmente e culturalmente,
inserendosi nel tessuto circostante.
Ovunque si estende la potenza dei Normanni gli ebrei
hanno scuole, sinagoghe, botteghe artigiane. La
loro arte di fabbricare e dipingere stoffe e sete
si estende all'estero. L'uso della lingua ebraica
facilita i contatti con i correligionari di altri
paesi, e quindi i traffici marittimi. L'elemento
ebraico costituisce il necessario propellente allo
sviluppo economico dei dominî normanni.
Tra Papato
e Impero
Nel 1120 la "bolla"
di Callisto II, Constitutio pro Judaeis,
vieta agli ebrei di erigere nuove sinagoghe, o
abbellire quelle esistenti. Né possono
tenere servi o balie cristiane.
Ma Federico II,
lo Svevo, che finirà poi scomunicato, promulga
nel 1231 a Melfi una serie di leggi, raccolte
nel Liber Augustalis, che garantiscono
agli ebrei la parità con gli altri cittadini.
E' una sfida al Papato.
Nel 1267 Papa Clemente
IV, nella sua bolla Turbato corde, incita
domenicani e francescani a una maggiore severità
nei confronti degli ebrei.
Ucciso Manfredi,
la saga dei Normanni si chiude.
A Napoli, verso
la fine del 1200, si scatena quello che molto
più tardi verrà chiamato, con parola
russa, un pogrom: case assaltate, sinagoghe
date alle fiamme, botteghe saccheggiate, uomini
uccisi e donne violentate. Una serie di violenze
che verranno ricordate a Napoli con il nome dato
a una strada: "Via Scannagiudei".
I
Crociati verso
la Terrasanta passando per la Germania
L'alba del XIV secolo
vede in Italia, su una popolazione di 8 milioni
di abitanti, 40.000 ebrei. Incalzati da decreti
vessatori, da frequenti aggressioni e saccheggi,
molti lasciano l'Italia per cercare rifugio provvisorio
al di là delle Alpi, da dove per le stesse
ragioni altri ebrei compiono il cammino inverso.
Si calcolano in 100.000 gli ebrei uccisi al passaggio
dei Crociati nelle città tedesche del Reno.
La
Morte Nera e gli "untori"
Nel 1348 si abbatte
sull'Europa una terribile epidemia di peste che
verrà ricordata come la Morte Nera. Gli
ebrei vengono accusati di esserne gli "untori"
e di voler uccidere tutti i cristiani.
L'Italia è
relativamente al riparo da questa ondata di follia,
e diventa sempre più rifugio per migliaia
e migliaia di ebrei, che si concentrano ora in
Lombardia, nel Trentino, in Piemonte, nel Veneto,
in Emilia, dove devono pagare un "diritto di residenza",
portare un segno distintivo, subire altre restrizioni.
Ma insomma vivono e producono. E godono del beneficio
di saper leggere e scrivere.
Alla metà
del XV secolo, l'Italia è divisa in una
serie di piccoli Stati idealmente separati tra
loro da una linea che passa tra il Papa e l'Imperatore,
supremo reggitore del Sacro Romano Impero.
Vi è il Ducato
di Savoia, con capitale Torino, entro la cui orbita
si muovono altri tre feudi: Saluzzo, Asti e il
Monferrato. Tutti e tre vedono un progressivo
afflusso di ebrei che costituiscono altrettante
comunità. A Venezia sinsedia una
comunità ebraica cosmopolita che avrà
un ruolo rilevante nello sviluppo della Repubblica,
anche se è proprio qui, a Venezia, che
nasce il primo Ghetto.
Altri centri ricchi
di storia e di cultura ebraiche sono Mantova,
Modena e Ferrara. A Firenze, sotto le sue Signorie,
si sviluppa una intensa attività ebraica,
specie nel settore bancario.
Addio
alla Spagna
I dominî
della Chiesa, come l'Emilia, la Romagna, l'Umbria
e le Marche, non favoriscono l'afflusso ebraico,
così come non lo favorisce il regno di
Napoli, passato sotto il dominio degli spagnoli.
E con il peggiorare delle condizioni degli ebrei
in Spagna, fino alla definitiva cacciata, anche
gli ebrei siciliani, calabresi e napoletani vedono
volgere al termine un plurisecolare periodo di
tolleranza e di relativa tranquillità.
La scoperta dell'America nel 1492 coincide con
l'espulsione, decretata dai sovrani spagnoli Ferdinando
e Isabella, di tutti gli ebrei dalla Spagna e
da tutti i dominî spagnoli, Sicilia inclusa.
A
tutto il 1492 sono almeno 200.000 gli ebrei espulsi
dalla Spagna e 40.000 dalla Sicilia, dove finisce
così una presenza durata quindici secoli.
Riforma
e Controriforma
Nel XVI
secolo il Rinascimento si diffonde in tutta Europa,
e oltralpe assume anche il carattere di contestazione
e rivolta contro la Chiesa romana.
E'
la Riforma, sarà lo scisma. I cristiani
non sono più solo cattolici e i contestatori
diventano "protestanti".
La
metà del Cinquecento segna per gli ebrei
un drastico giro di vite. La Riforma induce il
Papato a un generale irrigidimento. E la
Controriforma.
Alcune
conseguenze le conoscono nel 1555 in Italia gli
ebrei, per i quali la Controriforma ha un nome:
la bolla Cum nimis absurdum emessa
dal papa Paolo IV il 15 luglio.
In
essa si dice che "è assurdo e sconveniente
al massimo grado che gli ebrei, che per loro colpa
sono stati condannati da Dio alla schiavitù
eterna, possano, con la scusa di essere protetti
dall'amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione
in mezzo a noi, mostrare tale ingratitudine verso
i cristiani da oltraggiarli per la loro misericordia
e da pretendere dominio invece di sottomissione".
Questi
ebrei, si legge ancora, osano "vivere in mezzo
ai cristiani" e perfino "nelle vicinanze
delle chiese", si vestono come gli altri,
senza perciò potersi fare riconoscere,
comprano case, assumono balie cristiane, insomma,
commettono questi e "numerosi altri misfatti
a vergogna e disprezzo del nome cristiano".
La
bolla papale impone agli ebrei di abitare in una
o più strade, dove non ci sia possibilità
di contatto con i cristiani: è l'istituzionalizzazione
del ghetto. Gli uomini sono obbligati a portare
un berretto che li distingua; le donne un velo
o uno scialle, sempre con caratteristiche tali
da rendere subito nota la loro identità.
Ogni contatto con i cristiani, di lavoro o di
amicizia, è vietato. Agli ebrei è
vietato ogni tipo di lavoro, d'arte o di commercio
che non sia il traffico di stracci e di abiti
usati - "sola arte strazziariae seu
cenciariae".
Nel
1559 muore papa Paolo IV, ma le leggi antiebraiche
del suo predecessore restano in vigore.
Col
succedersi dei papi, Pio V, Gregorio XIII, Sisto
V, Clemente VII, le condizioni di vita imposte
agli ebrei non mutano. La politica della Chiesa
ha conseguenze negative anche negli Stati che
non sono direttamente dominati dal papato.
Liberté,
Egalité, Fraternité
Con la Rivoluzione francese,
esportata anche in Italia, gli ebrei italiani,
che sono circa 30.000 su una popolazione di 17
milioni, fanno il loro ingresso nella vita pubblica
del paese.
Occupati
gli Stati pontifici, imposta a Roma una Repubblica
retta da patrioti italiani liberali, i francesi
favoriscono una Costituzione (20 marzo 1798) che
garantisce a tutti i cittadini e a tutti i culti
eguaglianza di trattamento da parte dello Stato.
Gli
ebrei accolgono con entusiasmo l'ingresso dei
francesi in Italia, ma restano prudenti, quasi
presaghi che alla Rivoluzione e a Napoleone sarebbe
succeduta la Restaurazione. E con la Restaurazione
molti degli antichi ceppi.
Con
la Restaurazione il pendolo torna indietro
Il Congresso di Vienna del
1814/15 s'incarica di mandare indietro il pendolo
della Storia. Lo status quo ante è
ripristinato e in Italia la condizione ebraica
torna, segnatamente nello Stato pontificio, al
disgraziato punto in cui si trovava nel XVIII
secolo. Con la parziale eccezione della città
di Livorno dove il Granduca di Toscana incoraggia
lafflusso degli ebrei, garantendone la sicurezza
con un decreto noto come la "Livornina".
Anche in Piemonte
tornano i ghetti, ma l'espansione economica ebraica
negli anni di libertà ha creato situazioni
di fatto difficilmente reversibili.
Nel
Lombardo-Veneto vivono 7000 ebrei, che qui possono
studiare e laurearsi. Condizioni simili si hanno
in Toscana, a Parma, a Modena, a Mantova. In quest'ultima
città agli ebrei è consentito uscire
di giorno dal ghetto e persino tenervi "granari
e magazzeni, purchè si osservi la debita
distanza dalle Chiese".
Fratelli
dItalia
A partire dalla metà
dell'800 la storia degli ebrei italiani si confonde
sempre di più con la storia d'Italia e
non può meravigliare il fatto che gli ebrei
partecipino ai moti risorgimentali. I patrioti
italiani, come Mazzini e Cattaneo, tendono all'abbattimento
di un mondo chiuso, reazionario, antisemita. E'
proprio Cattaneo, con il suo Interdizioni imposte
dalla legge civile agli Israeliti, a denunciare
l'insostenibile condizione ebraica, anche se nel
Regno di Sardegna alcune delle conquiste civili
degli ebrei restano acquisite con lo Statuto albertino.
Alle
campagne che Garibaldi conduce nel 1848 e nel
1849 partecipano duecento ebrei, e quando a Torino
le responsabilità di governo sono affidate
a Camillo Benso conte di Cavour, questi si avvale
dell'opera di consiglieri e amici ebrei, come
Ottolenghi, Todros, Vitta, Leonino. Segretario
particolare di Cavour è un altro ebreo,
Isacco Artom, mentre a dirigere il giornale governativo
di Torino, LOpinione, è chiamato
Giacomo Dina.
Dietro
l'angolo c'è il 1870 e la presa di Roma
da parte dei bersaglieri. Lultimo ghetto
dEuropa è abbattuto. La Chiesa cattolica
cessa di essere - per sua stessa fortuna - una
potenza temporale.
L'Italia
unita porta agli ebrei libertà e uguaglianza.
Nel codice del 1889 non c'è più
traccia della vecchia divisione tra religione
di Stato e culti tollerati. Tutti i culti ora
sono ammessi ed è punito il vilipendio
di ogni religione professata.
La
gente del Libro
Nel corso dei secoli
gli ebrei non hanno mai smesso di produrre cultura.
Dal filosofo, medico e astrologo Shabbatai ben
Avraham Donnolo, vissuto nel X secolo nel Mezzogiorno,
al pugliese Achimoaz da Oria che nel 1054 ha lasciato
una preziosa Cronaca, agli anonimi estensori
del dotto Sefer Josipon, è lunga
la lista degli ebrei illustri. O dei grandi stampatori,
come i Soncino, come Avraham di Chaim de' Tintori,
da Pesaro, o il mantovano Avraham Conat. O dei
medici come i Portaleone da Mantova, dei filologi
come Azaria de' Rossi, dei commediografi come
Leone de' Sommi Portaleone, dei musicisti come
Salomone de' Rossi.
L'abitudine
a leggere, scrivere e studiare agevola lintegrazione
con la cultura circostante.
Alla
fine del XIX secolo gli ebrei costituiscono il
6 per cento del corpo insegnante universitario
(nel paese sono l'uno per mille). Già nel
1871, all'indomani della presa di Roma, la Camera
dei Deputati conta undici ebrei ed è ebreo,
tra il 1907 e il 1913, il sindaco di Roma Ernesto
Nathan.
E
sono gli ebrei di Trieste ad assumere un ruolo
di rilievo nel movimento irredentista e nella
cultura italiana, il cui simbolo triestino è
Italo Svevo.
"Fatta
salva la sua onorabilità"
La guerra mondiale del
1914/18 (l'Italia vi entra nel 1915) vede anche
gli ebrei italiani al fronte.
Dopo
il conflitto, per il quale lItalia ha pagato
il prezzo altissimo di 600.000 morti, in un clima
di confusione e disordini, nel 1922 nel paese
simpone il fascismo, nei confronti del quale
la posizione degli ebrei non è diversa
da quella degli altri italiani: chi è a
favore, chi è contro, chi si rassegna.
Il
fascismo non si presenta come un movimento antisemita,
ma i pochi teorici dell'antisemitismo, come Paolo
Orano e Giovanni Preziosi, vi aderiscono subito.
Nemmeno
Mussolini si era sottratto a un certo antisemitismo
popolare. Già nel 1919 scriveva che il
bolscevismo rappresentava "la vendetta
dell'ebraismo contro il cristianesimo".
Ma
ecco lo stesso Mussolini, appena un anno dopo,
nel 1920: "Il bolscevismo non è, come
si crede, un fenomeno ebraico. E' vero invece
che il bolscevismo condurrà alla rovina
totale gli ebrei dell'oriente europeo".
Che
un certo antisemitismo sia di uso corrente lo
dimostra la curiosa conclusione di una nota che
il capo della polizia Carmine Senise invia al
Questore di Roma che lo aveva incaricato di compiere
alcune indagini sullo psicoanalista Emilio Servadio
(la psicoanalisi è malvista dal fascismo):
"La madre del dott. Servadio, senza voler con
ciò toccare la sua onorabilità,
sembra essere israelita". Nel 1930, dopo il
Concordato tra lo Stato e la Chiesa avvenuto lanno
prima, viene approvata una legge che regola il
funzionamento delle Comunità ebraiche.
Il
primo sospetto del fascismo sui sentimenti degli
ebrei nasce alla fine del 1931, quando i docenti
universitari sono chiamati al giuramento di fedeltà
al regime. Su oltre mille professori, solo dodici
rifiutano di piegarsi. Tra questi cinque sono
ebrei: Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida,
Vito Volterra, Mario Carrara e Fabio Luzzatto.
Alcuni
ebrei italiani aderiscono a gruppi di opposizione,
naturalmente clandestina, al regime. Tra loro
i fratelli Carlo e Nello Rosselli - assassinati
in Francia da sicari fascisti - che hanno fondato
il movimento di "Giustizia e Libertà",
al quale aderiscono anche altri ebrei: Carlo,
Mario, Riccardo Levi, Max Ascoli, Leone Ginzburg,
Gino Luzzatto.
Nel
marzo 1934 a Torino viene scoperta una rete antifascista.
I quindici arrestati sono in gran parte ebrei.
Ciò dà adito a tutti i giornali
di scatenare una campagna antisemita, orchestrata
dallalto, che a un certo punto però
misteriosamente si spegne.
"Grandi
razze e piccole razze"
Nel 1938 la campagna antisemita
riprende più virulenta e il 14 luglio "Un
gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università
italiane", fissa "la posizione
del Fascismo nei confronti del problema della
razza".
E
un "Manifesto" che dice: "le razze umane esistono",
"esistono grandi razze e piccole razze", "la popolazione
dell'Italia attuale è di origine ariana
e la sua civiltà è ariana", e
"esiste ormai una pura razza italiana".
Poi
si afferma che "Gli ebrei non appartengono
alla razza italiana", e "i caratteri
fisici e psicologici puramente europei degli italiani
non devono essere alterati in nessun modo".
Sotto
al "Manifesto" vi è la firma
di dieci docenti universitari.
Il
7 settembre il governo emana il primo decreto
contro gli ebrei: quelli stranieri, entrati nel
paese dopo il 1919, dovranno andarsene.
Poi
il regio decreto del 17 novembre vieta "il
matrimonio del cittadino italiano di razza ariana
con persona appartenente ad altra razza" e
stabilisce che gli ebrei non possono "prestare
servizio militare in pace e in guerra; esercitare
l'ufficio di tutore o curatore di minori o di
incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo,
di aziende dichiarate interessanti la difesa della
nazione (...) e di aziende di qualunque natura
che impieghino cento o più persone, né
di avere di dette aziende la direzione, né
assumervi comunque l'ufficio di amministratore
o di sindaco; essere proprietari di terreni che
in complesso abbiano un estimo superiore a lire
cinquemila; essere proprietari di fabbricati urbani
che in complesso abbiano un imponibile superiore
a lire ventimila".
Inoltre
"il genitore di razza ebraica può essere
privato della patria potestà sui figli
che appartengano a religione diversa da quella
ebraica". Gli ebrei sono esclusi "con
effetto immediato" dalle occupazioni
che dipendono da "Amministrazioni civili e
militari dello Stato", dalle organizzazioni
del partito fascista, da tutte le amministrazioni
pubbliche (Province, Comuni, Aziende di trasporto,
Ferrovie, Consorzi), dalle banche e dalle aziende
di assicurazione. E naturalmente tutti, docenti
e discenti, dalle scuole del Regno.
Successivamente
saranno ritirate le licenze commerciali e artigiane,
e le libere professioni, dall'avvocato all'ingegnere,
dall'architetto al medico, saranno precluse.
Una
parte della comunità ebraica italiana (forse
4/5000 persone), lascia il paese, ma il grosso
resta.
La
Chiesa protesta per il disconoscimento delle conversioni,
e per la proibizione di contrarre matrimonio misto,
anche quando il coniuge ebreo abbraccia il cattolicesimo.
Oltre
a tutti gli altri provvedimenti, gli ebrei subiscono
anche umiliazioni. Non possono avere apparecchi
radio, né frequentare luoghi di villeggiatura
e di cura. Taluni esercizi commerciali esibiscono
la scritta "Vietato l'ingresso agli ebrei".
La
guerra e la resa dellItalia, invasa dai
tedeschi
Il 10 giugno 1940 lItalia
entra in guerra a fianco della Germania, ma anno
dopo anno matura il disastro, tanto che nel settembre
del 1943 deve arrendersi. Anche la resa è
gestita tanto disastrosamente da trasformarsi
in catastrofe.
Il
25 luglio 1943, con gli anglo-americani già
in casa, Mussolini è rovesciato da una
congiura di palazzo. Il nuovo presidente del Consiglio,
il Maresciallo Pietro Badoglio, nasconde ai tedeschi
le trattative per la resa. Quando l'8 settembre
lannuncia, il risultato è disastroso.
I tedeschi, che avevano comunque saputo subito
che cosa si stava preparando, disarmano l'esercito
italiano, i cui capi, re e generali in testa,
si erano dati alla fuga.
Senza
ordini, senza ufficiali superiori, lesercito
italiano si sfalda, conosce la tragedia, come
a Cefalonia, dove la guarnigione è massacrata
a tradimento dai tedeschi. 600.000 soldati sono
catturati e portati in Germania.
Qualche
giorno dopo l'armistizio si ricostituisce a Salò,
sul Lago di Garda, il partito fascista, che darà
vita all'effimera "Repubblica Sociale Italiana"
del tutto asservita ai tedeschi. Molto spesso
i militi della Repubblica di Salò sono
gli zelanti complici dei tedeschi nella caccia
agli ebrei e nelle azioni più efferate.
Nei
primi giorni dell'invasione tedesca alcune migliaia
di ebrei fuggono in Svizzera, altri passano la
confusa linea del fronte e raggiungono il sud
dItalia già liberato. Altri ancora,
specie i più giovani, finiscono per raggiungere
le formazioni partigiane. Molti cercano di nascondersi.
Ma un gran numero non ce la fa. Gli ebrei del
vecchio quartiere ebraico di Roma, l'antico ghetto,
sono colti di sorpresa.
La
razzia del 16 ottobre 43 a Roma
Il 26 settembre 1943
due esponenti dell'ebraismo romano e italiano
sono convocati dal comandante della polizia tedesca,
il maggiore delle SS Herbert Kappler, che chiede
la consegna entro 36 ore di cinquanta chili d'oro,
in cambio della vita di 200 ebrei romani.
Loro
viene reperito, i tedeschi sembrano placati, molti
ebrei si tranquillizzano. Tra il 29 settembre
e il 13 ottobre i tedeschi penetrano negli uffici
della Comunità, ne asportano documenti
e libri antichi.
Tre
giorni più tardi, all'alba del 16 ottobre,
circondano il Ghetto di Roma e di colpo irrompono
nelle case. E' razzia.
Per
tutta la mattina di sabato 16 ottobre i tedeschi
strappano gli ebrei, uomini, donne, bambini dalle
loro abitazioni, li caricano su camion, li avviano
a una caserma di via della Lungara. Da qui pochi
giorni dopo gli oltre mille ebrei catturati nella
razzia vengono gettati su treni piombati e avviati
a Fossoli e da qui ad Auschwitz, dove in gran
parte saranno uccisi subito (come i bambini e
gli anziani) e il resto, salvo un pugno di superstiti,
più tardi.
Nellinfausta
geografia dei campi di sterminio nazisti, uno
si trova anche in Italia, a San Sabba, vicino
Trieste.
La
razzia continua per tutta Roma nelle settimane
e nei mesi seguenti. In totale sono deportati
dalla capitale 2091 ebrei. In tutta Italia (comprese
le isole dell'Egeo) vengono deportati tra il 1943
ed il 1945 oltre 8500 ebrei. Ne torneranno poche
centinaia.
La
Resistenza e le stragi naziste
Su 200.000 italiani
che scelgono la via della resistenza all'invasore,
ci sono 2000 ebrei. Sui 70.000 partigiani caduti
in combattimento, 700 sono ebrei.<="New York">
Delle
stragi perpetrate dai tedeschi in Italia (come
Marzabotto o SantAnna di Stazzema), una
resterà a simbolo, quella delle Fosse Ardeatine,
dove per rappresaglia delluccisione di trentadue
soldati tedeschi in un attentato del 23 marzo
1944 a Via Rasella a Roma, 355 uomini, e tra loro
anche 75 ebrei, sono condotti sulla via Ardeatina
e massacrati. Sopra di loro, per cancellare ogni
traccia, viene fatto precipitare con la dinamite
un pezzo di montagna sovrastante.
Roma
è liberata il 4 giugno del 1944, ma bisogna
aspettare fino al 25 aprile del 1945 perché
le forze anglo-americane costringano alla rotta
finale i tedeschi.
Gli
ebrei d'Europa superstiti si aggirano come fantasmi
tra rovine morali e materiali. Quelli italiani
si contano.
Da
questo momento, così come avviene per il
resto del paese, anche per l'ebraismo italiano
incomincia la ricostruzione.
Lo
Stato ebraico, la cui nascita era stata solennemente
sancita da una Risoluzione delle Nazioni Unite
nel Novembre 1947, si ricostituisce il 14 maggio
del 1948. Il suo nome è Israele. Appena
nato, è subito attaccato da cinque eserciti
arabi.
Lo
Stato dIsraele e le sue guerre
Nel maggio del 1967
si produce una svolta importante.
Tra
maggio ed i primi di giugno del 1967 incombe su
Israele una minaccia mortale da parte di Egitto,
Giordania, Siria, Libano e Iraq. La possibilità
di un nuovo genocidio sembra concreta e tutta
l'Italia manifesta la sua emozione.
La
guerra-lampo, che sarà chiamata la "guerra
dei sei giorni", porta invece a una travolgente
vittoria israeliana, che ha una funzione catalizzatrice
sugli ebrei italiani che si rendono conto del
ruolo di uno Stato ebraico. L'immagine dell'ebreo
condannato al ruolo di vittima sacrificale è
infranta.
Dopo
questa guerra diminuiscono lentamente nella società
italiana le simpatie per Israele. I motivi non
sono sempre limpidi, e vanno riferiti agli schieramenti
politici.
Nel
1973, a ottobre, nel giorno di Kippur, Israele
è ancora una volta aggredito, e sembra
soccombere. Poi la risposta del suo esercito lo
porta a 101 chilometri dal Cairo e a 30 da Damasco.
Gli Stati Uniti lo fermano.
Con
il "fattore Israele" la vita degli ebrei italiani
si politicizza, ma questo li aiuta in una più
vasta ricerca di sé, della propria identità,
ciò che non impedisce loro di partecipare
con passione alle vicende del nostro paese, di
cui sono parte integrante. Un attentato da parte
di terroristi palestinesi contro i fedeli usciti
dal Tempio Maggiore di Roma il 9 ottobre 1982,
in occasione di una cerimonia religiosa, lascia
sangue sullasfalto. Un bambino di tre anni
è ucciso, decine sono i feriti. Lattentato
riporta la Comunità ebraica romana a una
realtà che sembrava consegnata al passato.
Gli
ebrei, lo Stato e la Chiesa cattolica
Una nuova Intesa con
lo Stato è firmata dallUnione delle
Comunità Ebraiche Italiane nel 1987. In
applicazione allart. 8 della Costituzione
rinnova il precedente accordo e lo rende più
compatibile con la sensibilità democratica.
Anche
i rapporti con la Chiesa registrano cambiamenti.
A rompere certi pregiudizi antiebraici è
per primo papa Giovanni XXIII.
La
dichiarazione Nostra Aetate, al Concilio
Vaticano II del 1965, "riabilita", poi, il popolo
ebraico dall'accusa di "deicidio".
Le
nuove direttrici della Chiesa saranno clamorosamente
portate allesterno da un altro papa, Giovanni
Paolo II, che il 13 aprile del 1986 si reca in
visita al Tempio Maggiore di Roma. L'evento è
senza precedenti. Mai, in tutta la storia, un
pontefice aveva varcato la soglia di una sinagoga.
E' un momento di grandissima emozione. Dopo il
gesto e le parole di Giovanni Paolo II ai "fratelli
maggiori" ebrei, la strada della revisione critica
della Chiesa sembra irreversibile.
Gli ebrei italiani
oggi
Oggi gli ebrei italiani iscritti alle 21 Comunità
del paese sono meno di 30.000 su una popolazione
di 57 milioni.
Quasi
la metà vivono a Roma, meno di 10.000 a
Milano. Gli altri sono sparsi in Comunità
definite "medie" (Torino, Firenze, Trieste, Livorno,
Venezia) o "piccole".
Le
varie Comunità, ognuna delle quali retta
da un Consiglio eletto dagli iscritti, sono riunite
nell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane,
che ha sede a Roma e le rappresenta nei rapporti
con il Governo e con le Istituzioni pubbliche.
LUnione provvede poi al coordinamento delle
esigenze culturali e cultuali delle Comunità
ebraiche e al sostegno di quelle più piccole.
Malgrado
i molti problemi, malgrado la crisi demografica,
l'ebraismo italiano resta vivo e vivace e rappresenta,
in seno alla società circostante, un elemento
di stimolo, di riflessione e di confronto.
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